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Corrompere con un mazzetto di denaro

Quando serve un avvocato per il reato di peculato?

Il peculato è quel reato commesso, ad esempio, dal presidente di un gruppo consiliare regionale -come tale, partecipante alle modalità progettuali ed attuative della funzione legislativa regionale- il quale utilizzi i contributi destinati al gruppo consiliare per finalità esclusivamente personali dell’imputato e sicuramente non riconducibili, neppure indirettamente, all’attività politica e istituzionale (Cass. Pen., Sez. VI, n. 1561/2019).

Il reato in analisi si sostanzia nell’appropriazione da parte di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio di denaro o di altre cose mobili altrui delle quali ha legittimamente la disponibilità (anche meramente occasionale) per ragioni dell’ufficio o del servizio. In altre parole, il soggetto “qualificato” cessa di detenere la cosa per conto di colui che ne è proprietario -nel caso di specie, la P.A.- e inizia a disporne in maniera esclusiva, come se fosse propria (si pensi all’impiegato di un ufficio pubblico che si appropri del materiale di cancelleria del quale ha legittimamente la disponibilità per l’espletamento delle sue funzioni).

Pene previste per il peculato
Il peculato è punito con una pena particolarmente severa, che consiste nella reclusione da 4 anni a 10 anni e 6 mesi, cui si aggiunge in caso di condanna (anche in caso di patteggiamento) la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo e l’eventuale procedimento disciplinare che potrebbe essere attivato dall’ufficio pubblico di appartenenza.

Si segnala, inoltre, che in caso di condanna è altresì prevista la pena accessoria pecuniaria consistente nel pagamento, da parte del reo, di una somma di denaro in favore dell’amministrazione a titolo di riparazione del danno. Attenzione però, perché la Cassazione ha recentemente stabilito che tale sanzione non si applica in caso di patteggiamento, bensì solo in caso di sentenza di condanna pronunciata a seguito di rito ordinario o abbreviato (Cass. Pen., Sez. VI, n. 12541/2019).

Prescrizione del peculato
Il delitto di peculato si prescrive nel termine di 10 anni e 6 mesi (pena massima) più ¼ in caso di eventuali atti interruttivi del procedimento penale, per un totale di 13 anni, 1 mese e 15 giorni, motivo per cui attendere l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione è una strada sconsigliabile quando si procede per un reato grave quale è, appunto, il peculato.

Peculato d’uso
Il peculato d’uso, previsto dall’art. 314, comma 2 c.p., costituisce una figura autonoma e meno grave di peculato che si caratterizza per l’uso soltanto momentaneo della cosa, che viene restituita immediatamente dopo l’utilizzo (si pensi al caso-scuola del Carabiniere che utilizzi l’auto di servizio per andare a prendere i figli al calcetto o che utilizzi l’utenza telefonica di servizio per chiamate private; in entrambi i casi il bene di proprietà della P.A. viene distratto momentaneamente dalla funzione pubblica e piegato alle esigenze del privato per il tempo strettamente necessario all’uso, per poi essere restituito alla sua destinazione originaria).

Il peculato d’uso, sostanziandosi nell’appropriazione soltanto momentanea e non definitiva del bene pubblico, è connotato da una minore gravità rispetto al peculato semplice , tant’è che la pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 3 anni, ciò che consente di accorciare notevolmente i tempi di prescrizione, per un totale di 7 anni e 6 mesi comprensivi di eventuali interruzioni, e di beneficiare di istituti di forte favore per il reo quali la sospensione del procedimento con messa alla prova o la non punibilità per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis c.p.

Peculato e strategie difensive
Gli Avvocati penalisti dello Studio legale de Rosa-Mistretta mettono a disposizione dell’assistito tutta l’esperienza maturata in materia di peculato, avendo ottenuto negli anni numerosi decreti di archiviazione e sentenze di assoluzione a favore dei propri clienti, madri o padri di famiglia spesso incensurati, accusati di peculato o di altro reato contro la Pubblica Amministrazione, che rischiavano di vedersi la vita rovinata a causa di un “inciampo”, una leggerezza di quelle in cui può cadere qualsiasi essere umano.

Pur essendo, infatti, il peculato un reato molto banale dal punto di vista della condotta incriminata, varie sono le strade percorribili per far cadere l’accusa in giudizio. Una su tutte è quella che fa leva sull’esiguità del danno patrimoniale cagionato alla P.A.: a tal proposito, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, in un caso di utilizzo del telefono d’ufficio per ragioni personali, hanno escluso la configurabilità del peculato d’uso per inoffensività in mancanza di un intrinseco rilievo economico dell’oggetto dell’appropriazione e di concreta incidenza di quest’ultima sulla funzionalità dell’ufficio o del servizio; in altre parole, in assenza di un danno apprezzabile al patrimonio della Pubblica Amministrazione non c’è peculato (Cass. Pen., SS.UU., n. 19054/2013).

Tra le più recenti sentenze di assoluzione dall’accusa di peculato ottenute nel merito, si segnala quella pronunciata a favore di una funzionaria della dogana aeroportuale incastrata dalle telecamere di sorveglianza per aver trafugato dai bagagli smarriti e affidati al suo controllo alcune monete estere e un telefono cellulare di esiguo valore. Pur non essendoci margini per contestare l’accusa in punto di fatto -le registrazioni delle telecamere di sorveglianza non lasciavano spazio a dubbi circa l’avvenuta appropriazione degli oggetti-, si è ottenuta una pronuncia di assoluzione con formula piena (“perché il fatto non sussiste”) in ragione dello scarso valore dei beni oggetto dell’apprensione.

Fonte: https://www.studiolegalederosamistretta.it/peculato-avvocato-roma-art-314-del-codice-penale/

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